IL CRISTO DI TONINO GAUDIOSO

 

D’amore ci parla questa scultura, maledettamente d’amore, di quell’amore magnifico e universale a cui tutti aneliamo, e che sogniamo da sempre. Quell’amore filiale: di padre e figli, che fin da fanciulli rapì la nostra mente e che sempre sperammo di poter provare: quello che meravigliosamente unisce in un unica candida, luccicante pietra incorruttibile, fede e sentimento…in questa vita povera e ricca ma pur sempre unica da vivere.
Ma di tempo ne hai, anche se di “Cristi” non è pieno il mondo. È vero! Di Cristi non è pieno il mondo ma di croci, sì. Di croci da portare con onore e dignità. E c’è chi disegna e scolpisce croci e crocefissi con l’arte dell’umiltà e della profondità.
“Tutte le mattine mentre mi precipitavo a concludere il “mio Cristo”, la mia sensazione era che mi aspettasse!” -dice Tonino Gaudioso- l’artista, scultore di questa immensa e pregiata opera.
E questa frase in cui pronuncia il “mio Cristo” è la chiave di apertura del suo cuore, della sua arte, del suo carisma, che questa volta, sfocia come un fiume nel mare dello spirito, uno spirito silenzioso, misterioso, in cui traspare introspezione e umanità. Quest’opera meravigliosa sposa una tensione morale particolarmente sensibile nel linguaggio del corpo; un orgoglio spirituale che diviene una dignità umana sconosciuta nell’arte di questo tempo, anche se di Crocefissi è pieno il mondo, come abbiamo già detto. Ma ogni opera, ogni crocefisso è unico e singolare perché porta la storia di un artista-uomo sulla croce. È l’espressione del potere creativo dell’artista, dello scultore e della sua originalità, della sua costante ricerca di nuove forme espressive da sperimentare al di fuori di ogni regola stabilita. Ammiriamo il Cristo di Tonino Gaudioso, e se riusciamo a guardare con gli occhi del cuore, vedremo la fusione di Cristo con la croce, ma non il suo eterno dolore, il distacco trionfante del corpo, piuttosto che il suo martirio o le dimensioni sia mentali e fisiche delle braccia, dei piedi e delle mani che si aprono all’infinito.
In quest’opera, io guardo e vedo un volto bello, pieno di vita e di speranza, ricco di orgoglio, vivacità e animosità interiore, che convivono allo stesso momento. Lo spazio è calcolato matematicamente, in modo preciso… come le sue misure: l’ampiezza, l’altezza e la profondità. E parlo da ignorante in materia, perché sono solo, una scrittrice.
Il santo si erge in tutta la sua potenza, morale e fisica, diventando un elemento di certezza: affronterà il male in qualunque forma si presenti. La figura dinamica, in primo piano, si erge e si muove in un paesaggio panoramico, di eccellenza: il sito dell’insediamento rupestre degli Sbariati, nel comune di Zungri, altro contributo innovativo dell’artista e della comunità Zungrese.
Il realismo accentuato del volto irradia una forza morale interiore, un trionfo sostenuto dalla finezza della realizzazione tecnica. Lo sguardo sereno e racchiuso in se stesso, il capo leggermente abbassato mostrano la potenza della sua vita interiore. La sua umanità è totale e diviene plenitudine. La fusione tra spazio e personaggio è l’elemento costitutivo dell’opera. Un personaggio unico e speciale che diventa punto di riferimento, spazio di condivisione, arte eterna. Questa scultura è probabilmente la più bella, la più estetica, la più classica, la più pura di tutte le rappresentazioni umane pervenute ai nostri giorni in Calabria, nella provincia di Vibo Valentia.
È un archetipo senza tempo, con cui l’artista Tonino Gaudioso chiude un primo ciclo del suo periodo artistico, pronto a riaprirne un altro. L’abbagliante giovinezza e la forza vitale che questo capolavoro sprigiona, riassumono il passato e annunciano il futuro. Non è né più né meno che un’autentica rivoluzione nella tecnica dell’arte statuaria.
Un Cristo di tutti, un Cristo per sempre: simbolo e segno di una comunità vivente, che cerca e dimostra che l’arte può, affascinando il cuore degli uomini, cambiare il mondo.
Non ci si stanca mai di guardare questa meraviglia a grandezza naturale (h 2,30 cm su Croce 7 metri), di cui l’artista ne ha intrappolato l’anima. La sua bellezza fisica irradia la bellezza morale interiore. Il fascino visivo che prova lo spettatore si trasforma in beatitudine… un’ulteriore prova (se ce ne fosse ancora bisogno) della genialità dello scultore. Si tratta di un’opera senza tempo, investita dal soffio divino. Un’opera d’arte questa, che getta uno spiraglio di Luce in una Calabria che non deve perdere la speranza, ma deve capire e comprendere che la cultura, l’arte esiste, è viva, e su questa è giusto investire e crescere.

RECENSIONE di Teresa Averta
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-Inaugurazione avvenuta, sabato 14 Aprile 2018 -Ore 19:30- Zungri (VV)

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